Nelle nostre Case, novembre porta una festa indimenticabile: quella delle castagne. Le immagini da Colleferro, Civitavecchia e l’annuncio della festa a Monserrato e a Roma- Via Dalmazia sono un invito a ricordare con gratitudine l’amore che don Bosco aveva per i suoi giovani.
Torino nell’Ottocento era nel pieno della prima industrializzazione: cresceva a dismisura il numero di operai alla ricerca di un lavoro e la città era invasa anche da ragazzini a loro volta impiegati nell’industria, sfruttati da datori di lavoro senza scrupoli, abbandonati a sé stessi, spesso orfani. Don Giovanni Bosco incrociò provvidenzialmente la strada di alcuni di loro, cominciò a fare loro il catechismo, li accolse in un ambiente sano e cordiale, li seguì con amore e attenzione alla loro formazione umana e li aiutò nel mondo del lavoro, creando laboratori di falegnameria, calzoleria, sartoria e tipografia. Ma soprattutto donò loro un luogo pieno di affetto, una grande famiglia dove trovarono sempre conforto e speranza.
I primi incontri che don Bosco organizzava all’oratorio erano costituiti da un momento di catechesi e preghiera, e alla fine si faceva sempre merenda insieme. Don Bosco ci teneva a concludere i pomeriggi con un momento conviviale, apprezzato da quei ragazzini che erano poveri e avevano sempre la pancia vuota. Era un’occasione di allegra condivisione, un gesto di amore e di dono, un modo per costruire una comunità spensierata. C’erano sempre ben pochi soldi nella cassa dell’oratorio, per fortuna alcuni benefattori contribuivano volentieri a mettere sul tavolo quella merenda, ma anche quando mancava il necessario don Bosco trovava sempre una soluzione, a volte davvero miracolosa: ad esempio quando in occasione della festa di Ognissanti portò i ragazzini al Camposanto, promettendo loro che al ritorno avrebbero gustato le caldarroste.
In realtà non ce ne erano abbastanza per tutti, ma a mano a mano che don Bosco le distribuiva ai fanciulli, il cesto non si svuotava mai, il santo sacerdote continuava a riempire i berretti dei presenti senza sosta. In memoria del miracolo della moltiplicazione delle castagne, nelle case salesiane la sera della festa dei Santi si distribuiscono caldarroste.
La moltiplicazione del cibo si verificò anche quando un operaio raccontò al santo di non avere nulla da comprare per sfamare i suoi cinque bambini. Don Bosco gli diede una benedizione e i pochi soldi che aveva in tasca, con i quali il poveruomo comprò della farina di mais che sarebbe bastata a malapena per due persone. Ma quale meraviglia quando nella pentola la polenta si moltiplicò miracolosamente. Quando raccontarono a don Bosco l’accaduto, egli commentò: “Sono proprio un prete di polenta”.
Le sue biografie traboccano di aneddoti edificanti e anche simpatici: eccone un altro. La memoria di san Luigi Gonzaga era sempre festeggiata all’oratorio con grande solennità, e una volta don Bosco ordinò ad una pasticceria cioccolata e dolci, che avrebbero gustato dopo la Santa Messa in onore del patrono della gioventù. Mentre in chiesa tutti assistevano alla funzione, il giovane sacrista che era rimasto a custodire tutto quel ben di Dio non seppe resistere ai profumi e si scolò quasi tutta la brocca di cioccolata, intingendovi i dolci. Finita la celebrazione, don Bosco e i ragazzi trovarono il sacrista accasciato a terra con un gran mal di pancia. Ancora dopo cinquant’anni all’oratorio lo chiamavano “quello della cioccolata”! Per la cronaca: don Bosco chiese alla pasticceria una nuova fornitura di leccornie.
Aveva ragione san Domenico Savio che ricordava ai ragazzi che si accostavano all’oratorio: “Qui la santità consiste nello stare molto allegri!” L’attenzione che don Bosco metteva nell’organizzazione di queste merende https://paneefocolare.com/2019/01/30/la-merenda-di-san-giovanni-bosco/per i suoi ragazzi è ancora una volta la prova di quanto il cibo sia, anche per i Santi, dimostrazione di amore e occasione da non perdere per costruire una comunità solida e piena di letizia. (articolo completo qui)