Dalle Comunità dell’Ispettoria Piemontese “M. Ausiliatrice” – Italia
Le comunità dell’Ispettoria Piemontese “M. Ausiliatrice” hanno condiviso la circolare
991, soffermandosi in particolare su tre domande poste dalla Madre:
Ho la consapevolezza che sono chiamata ad essere “persona-anfora” disponibile a riversare nell’ambiente la gioia della vocazione nella gratuità e nello spirito del Magnificat, perché amata immensamente da Dio? (cf C 4 e 8); Sono cosciente che la devo donare prima di tutto ai più vicini?
Come possiamo cercare insieme di renderci felici reciprocamente nella vita quotidiana?
Spigoliamo dalle risposte, in generale molto convergenti.
La certezza di essere amate da Dio diventa convinzione che ci aiuta ad essere sorelle e madri dal cuore umano, che ascoltano, accolgono, non giudicano, disponibili e pronte all’aiuto reciproco.
Stiamo sperimentando il nostro essere “persona anfora” che accoglie per donare.
L’anfora accoglie l’acqua, ogni giorno noi accogliamo l’acqua viva della Parola e dell’Eucaristia. Nella precarietà di questa emergenza abbiamo gustato la Parola che
Papa Francesco ci ha sbriciolato ogni mattina, l’abbiamo condivisa tra noi e l’abbiamo trasformata in gesti concreti verso i nostri destinatari.
Negli anni è cresciuta la consapevolezza del grande dono della chiamata vocazionale, come una chiamata da vivere non solo per, ma anche con gli altri.
Questa consapevolezza si trasforma in gratitudine. Siamo consapevoli che dall’incontro con Gesù Risorto nasce la gioia! Se ci manca Lui ci manca tutto. La gioia appare come il più incredibile messaggio vocazionale.
Vogliamo vivere nella gioia traboccante di sentirci amate da Dio: questa certezza brucerà in noi ogni radice di male; desideriamo essere anfore piene di acqua viva, per dissetare chi incontriamo, specie se povero e fragile.
La gioia nasce dalla consapevolezza di essere amate da Dio di un amore infinito, gratuito e fedele; si alimenta nell’incontro quotidiano con Gesù Risorto nell’Eucaristia e nella Parola; diventa dono ai giovani e alle persone che avviciniamo, spesso assetate di felicità e di speranza. Gioia che, come anfore, siamo chiamate a riversare, in tutte le età della vita, anche solo attraverso uno sguardo sereno e sorridente.
La comunione con Gesù la vivo davvero se lo rivedo nelle persone che incontro, allora avrò motivi di gioia e saprò donare gioia.
La chiamata è sorgente di gioia ancora oggi. Ripercorrere la vita e trovare le tracce di
questo incontro continua ad alimentare gioia e serenità. Nella giovinezza di tante di noi è stato molto importante trovare delle sorelle che diffondevano la gioia, “persone anfore” della gioia di Dio. La chiamata è sentita come un dono: è stata curata dal Signore passo passo; non importa se non si è espressa in una gioia prorompente, ma è stata guidata per sentieri di serenità e di accoglienza del Signore.
La gioia ha un nome, un volto.
La chiamata è un “patto d’amore”. Sempre sproporzionato perché il dono è molto
più grande della nostra risposta.
Oggi la gioia ha il volto della speranza da offrire alle persone: famiglie spezzate, ragazzi tristi e chiusi, bambini provati dalle separazioni. Lo possiamo fare solo se la
nostra speranza è sostenuta dalla fede, dall’incontro quotidiano con la Parola e
l’Eucaristia a cui dobbiamo dare il tempo migliore.
Possiamo renderci felici se diventiamo capaci di donare la gioia che abbiamo dentro.
Per farlo occorre umanizzare il ritmo delle giornate e delle relazioni. Avere consapevolezza che anche se non posso donarmi in un servizio “visibile”, posso
sempre donare gesti di umanità. Questo vuol dire in concreto uscire da se stessi,
cercando il bene della sorella senza giudicarla. Vogliamo avere il coraggio di essere
madri nelle nostre relazioni, testimoniare anche tra di noi la vita, il bene, l’accoglienza. Accostare l’altra con delicatezza, pazienza, umiltà. Parlare, ascoltare e
in certi momenti tacere. Avvicinarsi in punta di piedi alle persone riconoscendole terra sacra.
La crisi di oggi ci fa capire se Dio è il centro della nostra vita, degli interessi mondiali
oppure non lo è. Papa Francesco ci ricorda che ogni persona deve chiedersi che cosa è essenziale, cosa conta. Le testimonianza dei laici che con dedizione incondizionata stanno dando la vita per gli altri, ci parlano di una cultura della vita.
ESSERE ANFORA
Anfora che versa acqua
oppure fiori, perché no,
sui cammini della vita.
E di ogni vita.
Anfora che travasa gioia
per la felicità degli altri.
I più vicini,
quelli della porta accanto,
prossimo che non sempre sopporti,
che ami spesso solo a parole,
o in teoria convinta.
Anfora che dona ogni giorno,
con abbondanza
gesti di umanità felice,
e esprime così, nell’essere con gli altri,
amore autentico
speranza zampillante gioia.
Gesù al centro è il segreto
Lui, Signore del tempo
e del ritmo della giornata.
Ecco, Signore,
nei giorni difficili
del nostro andare
verso la tua Pasqua,
giorni poveri di celebrazioni e liturgie,
ma non per questo orfani di Te,
donaci di vivere con intensità e gioia
la carità fraterna,
in gesti semplici,
stima reciproca,
aiuto umile e silenzioso
gusto per l’essenziale,
per Te.
Così l’individualismo,
devastante virus del cuore,
viene spazzato via
nella condivisione di gesti di solidarietà,
di preghiera intensa,
di Parola che risuona
e dona fecondità
a madri che generano vita.