Si fanno chiamare “6000 sardine” ma pare siano molti di più. Dall’idea e dalla volontà di Mattia Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa, tramite Facebook, si va diffondendo un appello a scendere in piazza senza violenza, per riportare alla ribalta uno stile di partecipazione caratterizzato dalla tolleranza, dalla pacatezza dei toni e dal dialogo.
Sembrerebbe che tra i tanti, questo sia un modo di utilizzare il social “virtuoso”, perchè richiama ad unirsi per assumere una posizione chiara, con uno stile comunicativo diverso: slogan originali, metafore ironiche, richiami al buon senso.
Le piazze di molte città del mondo in quest’ultimo periodo si stanno riempiendo per parlare a chi sembra proprio non voler ascoltare. E’ interessante constatare, ancora una volta, che la novità viene dai più giovani che, nonostante tutto, chiedono il meglio del nostro patrimonio culturale: la politica come servizio, l’impegno nel quotidiano, il volontariato come ordinario contributo alla crescita del bene comune, la piazza come luogo di espressione e di condivisione del libero pensiero.
Ascoltiamo i giovani: quelli che scendono in piazza per i “Friday for future”, quelli delle “6000 sardine”, quelli di Hong Kong, di Santiago e di Barcellona. Scendono in piazza per motivi e in contesti totalmente diversi, raccolti prima dalla piazza virtuale, devono crescere e confrontarsi con la trappola del protagonismo a tutti i costi e dell’autoaffermazione.
Nel manifesto delle “6000 sardine”, pubblicato nelle “informazioni” della loro pagina facebook compare, inaspettatamente, la parola “sacrificio”… forse è la volta buona, forse ci stiamo convincendo che il futuro del nostro mondo inizia rimboccandosi le maniche per il bene comune.
Per approfondire:
- Sul movimento delle “sardine” Le giovani promesse del bene comune di Enzo Bianchi
- Sardine: senza bandiere e senza logo di Elena Granata
- Sardine, grafi e repubbliche marinare. Teoria marittima del partito digitale di Michele Mezza